L’UNRAE, l’Associazione delle Case
automobilistiche estere ha lanciato a Milano, in Occasione della
Conferenza Stampa la sua proposta di sostegno al diritto alla
mobilità delle famiglie, supportata dagli efficaci risultati della
ricerca “Gli italiani e l’auto: un rapporto da rilanciare su
nuove basi”, condotta dal Censis con il contributo
dell’Associazione.
Questi sono i principali risultati
dello studio presentato da Marco Baldi, Responsabile del Settore
Territorio del Censis, commentato da Giuseppe De Rita, Presidente del
Censis e da Massimo Nordio, Presidente di UNRAE.
Mercato dell’auto dimezzato: colpa
della crisi e delle incertezze sul futuro che inducono gli italiani
alla prudenza e all’attendismo. Ma anche del peso fiscale che grava
sul mondo dell’auto in tutte le sue componenti.
Le due cause del crollo.Il contesto
economico generale ha determinato una contrazione dei consumi delle
famiglie dell’8% rispetto al 2007, di cui hanno fatto le spese più
i beni (- 15,6%) che i servizi. In particolare sono diminuiti i
consumi di beni durevoli (-29,6%). Se nel 2007 le famiglie
destinavano a questi il 9,1% della spesa complessiva, nel 2013 hanno
ridimensionato questa voce fino al 6,3%. Tutto ciò si spiega con una
contrazione generale dei redditi ma anche con un atteggiamento
“attendista” delle famiglie che, anche a causa delle incertezze
sul futuro, prediligono la liquidità agli investimenti. Nel
ridimensionato ammontare delle attività finanziarie delle famiglie
la liquidità assorbe oggi circa il 30% del portafoglio (era il 25%
l'anno prima della crisi). In termini reali, dal 2007 ad oggi la
liquidità è aumentata del 9,2%. Ma c’è un altro grande “driver”
che spiega il crollo delle immatricolazioni ed è il “rigor
d’auto”, ossia l’insieme dei costi che si generano con il
possesso e l’utilizzo di un’automobile. Costi elevati e
crescenti, nonostante il contenimento del prezzo d’acquisto, e
sempre più appesantiti dalla componente fiscale.
Una crisi che “sparge” effetti a
raggiera.
La rinuncia a sostituire la vettura di famiglia non è
indolore per gli italiani, considerato che hanno sempre privilegiato
l’auto per i propri spostamenti. Si consideri che sono quasi 29
milioni i pendolari, ossia coloro che ogni giorno si spostano per
raggiungere il luogo di lavoro o di studio, che il 60,8% lo fa
utilizzando un’auto (come guidatore o come passeggero) e che in
molte città questa percentuale raggiunge il 70%. Ma la caduta delle
immatricolazioni di nuove auto sparge i suoi effetti in tante
direzioni. L’intero settore dell’automotive è sotto pressione:
dal 2008 ad oggi si sono persi 26.500 addetti e il fatturato
complessivo è sceso del 18,6%. Il suo contributo al Pil del Paese
rimane fondamentale, ma è sceso dall’11,7% al 7,8%.
Preoccupa poi l’innalzamento dell’età
media del circolante, che è oggi di 9,5 anni, mentre nel 2006 era di
7,5: in soli sette anni l’età media del parco auto si è alzata di
due anni. E’ cresciuta in modo significativo proprio la componente
più obsoleta: le autovetture con più di 14 anni di età erano il
27,7% del parco circolante nel 2006 mentre oggi ne costituiscono
ancora il 28,4% (sfiorando i 10 milioni di unità).
Questo determina un aumento per
chilometro percorso del consumo di carburante, delle emissioni di
anidride carbonica e di sostanze inquinanti. I quasi 10 milioni di
veicoli più inquinanti emettono ogni anno circa 22,5 milioni di
tonnellate di CO2. Se venissero sostituiti le emissioni si
ridurrebbero di 12,2 milioni di tonnellate con un serio contributo al
raggiungimento degli obiettivi europei di contenimento delle
emissioni climalteranti al 2020.
Ma soprattutto il mancato rinnovo non
consente l’abbattimento del costo sociale dell’incidentalità che
sarebbe possibile con un parco auto meno obsoleto. Il tasso di
mortalità (morti per 1.000 autovetture coinvolte in incidenti) delle
auto con più di 11 anni di vita è il triplo di quelle con meno di 2
anni. La sostituzione della componente più obsoleta del parco
determinerebbe una riduzione della mortalità del 7,8% circa.
Una
maggiore attenzione dei decisori pubblici rispetto alle problematiche
evidenziate sarebbe opportuna per diverse ragioni: per offrire un
sostegno alle famiglie che vorrebbero poter accedere al mercato
dell’auto ma non ci riescono; per affrontare le criticità
ambientali e di sicurezza che solo un rinnovamento del parco può
garantire; per contribuire al rilancio di un settore il cui ulteriore
ridimensionamento graverebbe in misura insopportabile sull’economia
del Paese e sui conti pubblici. Un’utile indicazione al riguardo
può venire dal successo delle misure di detrazione fiscale per la
ristrutturazione degli immobili.
Sulle base di queste considerazioni
esposte dal Censis, Massimo Nordio ha rilanciato il messaggio di
attenzione alla mobilità privata. “Il Governo – afferma Nordio –
continua, infatti, a sostenere settori specifici, tanto è vero che
la lista delle spese detraibili è molto lunga. Tra quelle più
importanti emerge il sostegno per le ristrutturazioni edilizie,
pertanto: se la casa è un bene primario e la mobilità privata lo è
altrettanto, per quale motivo questa non dovrebbe essere presa in
considerazione?”.
Per il Presidente dell’UNRAE, quindi,
il tema non è trovare le risorse per fare, ma decidere politicamente
di ridistribuire le stesse, stabilendo una volta per tutte che l’auto
– come è da sempre considerata – è ancora un settore cardine
per il nostro Paese, che produce occupazione e ricchezza, e
prevedendo misure che invertano il trend confermato dalla ricerca:
3,9 punti di contributo al Pil persi in 5 anni.
L’UNRAE si rivolge alle famiglie italiane affinché siano
consapevoli della possibilità realistica di avere un aiuto anche dal
punto di vista della libertà di movimento, libertà oggi compressa
da una serie di limitazioni alla circolazione, da appesantimenti
burocratici ma, soprattutto, da elevata tassazione. Pertanto, chiede
una riduzione dell’onerosità della mobilità individuale,
attraverso una formula di detraibilità dei costi connessi
all’acquisto dell’auto, con conseguenti benefici sull’impatto
ambientale, sulla sicurezza e sull’occupazione.
detraibilità 10% del costo di acquisto
fino ad un massimo di 2.000 € in 4 anni acquisto di un’auto nuova
con emissioni fino a 120 g/Km di CO2 contestuale rottamazione di
un’auto Euro 0, 1 o 2.
“Riteniamo che una simile manovra
possa determinare un’aggiuntività di 100.000 unità per il primo
anno e poi via via a scalare fino a 55.000 unità nel medio termine –
aggiunge Nordio.
Inoltre, per le casse dello Stato a
fronte di un impegno iniziale di 64 milioni di euro, equivalenti al 5
per mille investito dallo stesso per le ristrutturazioni delle
abitazioni nel 2013, si recupera man mano un maggior gettito IVA
capace di generare un flusso positivo di 22 milioni di euro in 4
anni”.
Per quanto riguarda il costo sociale
dell’incidentalità, si è rilevato che nel periodo 2015- 2018 a
seguito dell’attuazione del piano proposto si potrebbe registrare
un risparmio per la collettività pari a oltre 77 milioni di euro per
l’evidente riduzione di vittime e feriti derivanti da incidenti.
Anche la filiera automotive ne avrebbe
comunque un beneficio nell’area dell’occupazione: l’aggiuntività
derivante dal piano consentirebbe un significativo saving
occupazionale, permettendo di recuperare circa 1.000 addetti nei soli
settori della distribuzione e dell’assistenza autorizzata dei
veicoli.
L’aspetto
ambientale Le vendite aggiuntive determinate dal piano, a fronte
della rottamazione di auto più vecchie, consentirebbero di
risparmiare – secondo le stime – circa 400.000 tonnellate di CO2
nei 4 anni considerati. A livello di emissioni inquinanti – nello
stesso periodo – verrebbero emesse 2.900 tonnellate in meno di
monossido di carbonio.
Il Presidente conclude rivolgendosi
alle famiglie italiane: “E’ la prima volta che un’Associazione
di Produttori di beni durevoli si rivolge direttamente a voi per
scopi diversi dalla pubblicità, per chiedere di aiutarci ad aiutarvi
e di far sentire la vostra voce per far valere, insieme ai diritti
fondamentali, anche il diritto ad una mobilità sicura e rispettosa
dell’ambiente, in un rinnovato quadro di sostenibilità economica”.
E rivolgendosi alle Istituzioni e agli
Imprenditori “se i benefici sono quelli che abbiamo raccontato,
questo piano di detraibilità perché non farlo?”!
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