Il Museo Ferruccio Lamborghini, appartenente alla famiglia del celebre imprenditore emiliano che ha reso il marchio del Toro un mito internazionale, viene presentato in esclusiva alla stampa nella sua nuova sede di Funo di Argelato, alle porte di Bologna.
La conferenza stampa viene introdotta dal dott.
Carlo Cavicchi (resp. Relazioni Esterne per il settore automotive
dell'Editoriale Domus), vede la presenza del comm. Tonino
Lamborghini, ideatore del Museo, e di Fabio Lamborghini, direttore.
Oggi il nuovo Museo è ospitato
all’interno di un Forum di 9000mq che ospita anche un book shop,
lounge bar di prossima apertura e diversi spazi espositivi
disponibili per eventi, manifestazioni, fuori salone, sfilate,
mini-fiere e business meeting.
Situato nel cuore della Motor Valley il
museo offre ai visitatori di tutte le età la possibilità di vedere
da vicino questi tesori che hanno fatto la storia dell’innovazione
automobilistica e del design italiano. Un luogo pieno di energia
pronto ad accogliere appassionati, turisti e tutti coloro che cercano
una cornice d'eccezione per eventi, convention e cene di gala.
Il nuovo Museo, già attivo e
visitabile, sarà inaugurato ufficialmente il prossimo autunno.
Il Museo raccoglie tutta la produzione
industriale dell’ing. honoris causa Ferruccio Lamborghini: dal
primo trattore Carioca con cui ha dato il via nel 1947 al suo gruppo
industriale passando per i primi trattori cingolati fino ai modelli
degli anni ‘70; dal prototipo della 350GTV alla 400GT; dalla mitica
MiuraSV personale di Ferruccio all’avveniristica Countach; dagli
esemplari di Jarama ai prototipi di Jalpa; dalle Urraco alla Espada
con apertura ad ali di gabbiano che ha ispirato l’auto del film
“Ritorno al futuro”;
l’offshore Fast 45 Diablo Classe 1 di 13,5
metri con motori Lamborghini 11 volte campioni del mondo; uno
splendido esemplare omologato di elicottero Lamborghini con doppi
comandi; bruciatori, caldaie e sistemi di raffreddamento Lamborghini;
la famosa “Barchetta”
costruita da Ferruccio per partecipare alla
Mille Miglia del 1948; la ricostruzione del primo ufficio personale
di Ferruccio alla Lamborghini Trattori con suoi oggetti personali;
uno spazio dedicato ad altre auto e moto di quel periodo in un
contesto di comparazione; riconoscimenti ufficiali e foto dell’epoca
per ricordare non solo le vicende di Ferruccio, ma anche quelle della
famiglia Lamborghini e di migliaia di persone che hanno ruotato
attorno a lui.
Il nuovo e poliedrico museo racchiude
anche un’ala dedicata all’esposizione di prodotti di design
industriale degli anni ‘50-‘70 e modelli di auto e moto di altri
marchi storici del periodo.
“Ricordo molto bene la prima volta
che discussi della creazione di un Museo con mio padre - racconta
Tonino Lamborghini.
- Mi guardò perplesso e ancora di più lo fu
quando gli mostrai due trattori Lamborghini, malconci e arrugginiti,
che avevo trovato presso un agricoltore della zona. Qualche mese
dopo, gli mostrai i trattori completamente rimessi a nuovo. Li misi
in moto: prima una nuvola di fumo nero, poi azzurro e finalmente il
familiare pum pum del normale funzionamento, simbolo di una mai
perduta potenza. In quel momento, gli occhi azzurri di papà
diventarono lucidi.
Mi disse: «Quando feci questi trattori, avevo la
tua età e le tasche vuote». Il primo trattore, il mitico Carioca,
mi fu segnalato dall’amico Giancarlo Corvini; era abbandonato in un
vecchio fienile, in condizioni disastrose. Da allora cominciai un
incredibile lavoro di ricerca di tutto ciò che era stato prodotto.
Per anni, la domenica, ho percorso le campagne a caccia dei trattori.
Curiosamente, i primi li ho rinvenuti in ordine cronologico di
costruzione, l’ho interpretato come un segno del destino e la
coincidenza mi incoraggiò a continuare la ricerca,
nonostante lo
scetticismo di papà. Estesi la ricerca ai bruciatori, alle prime
automobili, ma anche alle piccole cose: i calendari con le nostre
pubblicità, le fotografie, i listini prezzi e i libretti di
istruzione, preziosi documenti della nostra storia.
Contemporaneamente, cominciai a maturare l’idea di realizzare una
struttura adeguata al valore di questa raccolta che, sempre più,
stava diventando un vero spaccato della società italiana del secondo
dopoguerra.”
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